I miei genitori sono nati in un paesino nel comune di Monastero Vasco, i Bertolini Soprani, a 650 metri di altitudine. Già dalla strada che collega i due paesi si nota un colle dalla sommità rotonda, denominato Monte Cervetto, Monte Ciarvetto, e altri toponimi. Quando ero molto piccolo, come tanti di noi, trascorrevo le vacanze estive qui, dai nonni, e guardavo questa montagna, sì io la chiamavo la Montagna, e mio nonno mi raccontava su di lei storie fantasiose di "masche" e folletti che la abitavano, ma ogni tanto diventava serio e allora mi parlava di storie di animali veri che ci si trovavano per davvero, cinghiali e volpi, martore e faine, qualche lupo di passaggio, e una moltitudine di uccelli. Anche queste narrazioni hanno avuto la loro parte nell'accendere in me la passione per la Natura.
Vista di Monte Cervetto dai Bertolini Soprani.
Del Mun Ciarvèt si ha già notizia in una cronaca del 1300 dove si descrive una lite tra gli abitanti del Monteregale e il Priore del convento benedettino di Monastero riguardo il possedimento di estese boscaglie situate in Val Corsaglia, denominate Terzomillio e Monte Salveto. La lite verrà composta nel 1302 e gli uomini di Vasco potranno godere dei benefici di tali terre, sotto forma di terre da disboscare, diritto di pascolo per gli animali, e raccolta delle castagne. Nel documento si cita espressamente la "cava di Montis Zalveti", cosa che farebbe presumere che la cava di marmo fosse sfruttata già nel XIII secolo:
"Il Priore Alessandro Canale si lagna con il procuratore del Monteregale, Enrico Dati, perchè molti uomini della comunità usurpano diritti su beni e cose del Convento -bona et res dicti Monasterii de Vascho - e si impossessano dei frutti -contra Deum et iustitiam, maxime terram, nemos (boschi), prata et castagneta- che si trovano fra il fiume Corsaglia, le cave Montis Zalveti- e il castagneto che fu dei Merlotorum".(1)
Veniamo ai giorni nostri.
Ne percorro spesso i sentieri, soprattutto il cosiddetto "sentiero dei Bassi", che conduce appunto in Val Corsaglia e sbocca in prossimità della frazione detta "I Bassi". Ma negli ultimi mesi ho intensificato le mie percorrenze, alla ricerca di ciò che rimane delle tracce di queste antichi sfruttamenti del territorio.
Il sentiero cosiddetto "dei Bassi".
Ho scoperto però altri sentieri più antichi, ancora ben visibili in mezzo al folto bosco e sottobosco, che corrono in molti casi paralleli al sentiero principale. Flebili tracce operate dall'uomo nei secoli scorsi, e che oggi vengono percorsi da animali selvatici, cacciatori e da qualche ignaro cercatore di funghi tutt'al più. Non è facile scorgerli, ma la loro traccia è rimasta.
Così come sono rimaste le vestigia, queste ben più visibili, di muretti eretti con pietre a secco. Pietre quasi sicuramente trasportate dalla vicina cava di marmo, il cui sfruttamento, come abbiamo visto, era già in atto nel '300.
Questi muretti costruiti a secco, semplicemente impilando pietre le une sulle altre senza alcun tipo di malta o legante avevano lo scopo di delimitare gli appezzamenti di terreni, un po' come in Irlanda, oppure nella nostra Sicilia e altre zone del sud.
Purtroppo non sono riuscito a determinarne l'età. Non una iscrizione, non una data incisa, quasi sicuramente sono anteriori a un paio di secoli fa, gli anziani del paese riferiscono di averli visti, ma di non sapere chi li ha eretti.
Rimane la soddisfazione di averli cercati, di averne intuito la posizione, lo scopo; immaginando al contempo lo sforzo, enorme, disumano, del trasporto, della costruzione, di quante ore saranno state necessarie, e di quante persone avranno versato sudore per chissà quante ore, e quanti carretti traballanti avranno percorso queste colline, dalla cava fino a qui.
Semplici tracce, umili, essenziali, seminascoste sotto innumerevoli strati di foglie decomposte, testimoni muti della fatica delle genti di questi luoghi.
Riferimenti bibliografici:
(1): Danna D. Cronache Monasteresi. Ristampa. Monastero di Vasco, 1993.