venerdì 6 settembre 2013

You Are In Bear Territory.



Non è così strano imbattersi in questi cartelli,  in certi posti.



...e che posti poi....


 Fotografare orsi in libertà presuppone poche, quasi obbligate, scelte: i luoghi sono i soliti noti a tutti, anche se non proprio dietro l’angolo.
In Europa il Parco Nazionale d’Abruzzo, la Carelia in Finlandia. Le isole Svalbard per gli orsi polari.
La penisola di Kamtchatka in Siberia, Cape Breton in Nuova Scozia che ospita alcuni esemplari di orso nero. Churchill in Manitoba è considerata la capitale mondiale per l’avvistamento degli orsi polari (solo per pochi anni ancora…).
Negli USA, Yellowstone, le Montagne Rocciose, e poi l’Alaska.
Quest’ultima è un posto da sogno per il nostro scopo; riepilogo rapidamente i luoghi dove si è praticamente sicuri di osservare i giganteschi plantigradi:

·   Anan Wildlife Observatory (black bears), luglio e agosto, durante la risalita dei salmoni. Si sono osservati più di quaranta orsi neri, tutti insieme.
·   Admiralty Island, all’interno dell’isola si trova la Kootznoowoo Wilderness, uno dei luoghi a più alta concentrazione di orsi della Terra.
·   Denali N.P., il più famoso, ma anche il meno affascinante.
·   Katmai Peninsula, non ha bisogno di presentazioni, il 90% di tutte le foto e i video dei grizzly sulle cascatelle sono ripresi qui.
·   Kodiak Island ( certe zone dell’isola in inverno ospitano il winter training dei Navy Seals, meglio soprassedere…), pare che l’orso Kodiak (Ursus arctos middendorffi) sia il più grande di tutti gli orsi bruni.

E infine…….qualunque luogo, anche lungo le strade, vedi foto sotto scattata in fretta e furia dall’auto, lungo il confine con lo Yukon.


 Nell’agosto 2004 ho viaggiato per 22 giorni dal nord al sud del quarantanovesimo stato dell’Unione, (8000 km in auto, 5000 km di voli interni), e ho dedicato una puntata nella regione del Katmai, dopo aver visitato anche il Denali più a nord.
La penisola del Katmai è più selvaggia  e molto meno frequentata rispetto al Denali il quale risulta facilmente accessibile da chiunque, ed è letteralmente preso d’assalto da orde di turisti nella stagione estiva.
Mi ero informato su di un soggiorno alle  famigerate Brooke Falls ( tutte le foto e i filmati di grizzly appostati sulle cascatelle con salmone nelle fauci, vengono da qui). Il Brooke’s Lodge aveva risposto alla mia mail spiegandomi che la best season va da giugno a metà – fine luglio, oltre tale periodo non garantivano che si potessero vedere gli orsi, per il semplice motivo che i salmoni avevano ormai terminato la risalita del fiume, non a caso offrivano tariffe scontate del 50%, e pur sempre tremendamente care.
Avevamo preferito non rischiare e cercammo una soluzione alternativa. Soluzione che saltò fuori dopo una rapida ricerca. Così partimmo alla volta di Homer (pop. 5000 ), tranquilla cittadina nella penisola del Kenai dedita alla pesca e al turismo, e molto conosciuta perché da qui partono diverse spedizioni giornaliere per il Katmai.

Sul porto si affacciano gli uffici di tre o quattro agenzie che si occupano di organizzare one-day-round-trip-tours (inutile cercare la più economica, i prezzi sono allineati, e l’organizzazione è la stessa, impeccabile, scegliete a questo punto quella che vi ispira più simpatia). I costi? Prezzi del 2004, 500 USD circa a persona per una giornata, compreso volo in idrovolante a/r, trasporto sul luogo e guida naturalistica. Ad oggi mi risultano prezzi leggermente più alti ma non troppo. La sera della prenotazione ci viene raccomandato di non usare profumi e dopobarba, e di non lavarsi con il sapone per non lasciare scie di odore che potrebbero disturbare o attirare gli orsi.

Non ci deve aspettare lo stesso grado di spettacolarità delle Brooke Falls, data la conformazione del terreno non ci sono cascatelle, ma solo fiumi con un metro d’acqua al massimo, perciò la “classica” foto del salmone che salta dritto entro le fauci del grizzly, scordatevela. L’altra faccia della medaglia è che alle Brooke Falls i prezzi sono molto più alti, senza contare che il luogo è letteralmente preso d’assalto da turisti e da professionisti foto e video, la scarsa disponibilità di camere e il periodo di tempo limitato fanno sì che sia difficile trovare posto. Tant’è vero che le prenotazioni vanno di anno in anno.
Ma torniamo alla nostra “gita”.
Alle 08.00 del mattino briefing di un’ora con la guida , che illustra il comportamento da tenere con gli orsi, ne descrive le abitudini e il carattere, diverso da individuo a individuo.
Si prepara il pranzo al sacco (non compreso) e si procede ai preparativi per il volo.
Siamo dotati di stivaloni da pescatore alti fino all’inguine, visto che ci sarà da camminare nell’acqua alta.
L’imbarco sull’idrovolante fu una cosa comica: la guida-pilota, dopo averci squadrato per bene, ci chiamò uno ad uno disponendoci in modo da bilanciare il velivolo! Fantozziano…
E quando gli passai il mio zaino fotografico  lo sentii dire “Uff…It weighs a ton!”


Il nostro idrovolante da otto posti, uno dei quali a fianco del pilota.

La trasvolata dura circa un’ora, in caso di nebbia, caso abbastanza frequente, i voli non partono e il prezzo del biglietto viene ovviamente rimborsato, ma noi siamo fortunati, una giornata leggermente nuvolosa e con un pelo di foschia con il sole che fa capolino qua e là. Soprattutto non piove, è una grazia di Dio.

 La penisola del Katmai presenta una costa tormentata e fitta di isolotti.

Ammaraggio perfetto e trasbordo su un mezzo anfibio tipo sbarco in Normandia, che ci trasporta su una spiaggetta sassosa. Lì consumiamo il nostro pasto in fretta, dopodiché le borse coi rifiuti vengono chiuse in una cassa metallica affinché non emanino odore.
Pochi minuti di traversata e ci fanno sbarcare nell’acqua alta, camminiamo per un centinaio di metri e raggiungiamo il nostro primo punto di osservazione, un argine ricoperto di alte erbe lacustri alla foce di un fiumicello circa un metro, un metro e mezzo a lato di un torrentello che scende dalle colline intorno.
E’ bassa marea e la spiaggia mista di sabbia e sassi si estende per centinaia di metri entro il mare.
I grizzly sono già lì, solitari o in coppia, alcuni giovani maschi, una madre col cucciolo, altre femmine con prole un po’ più grandicella. Alcuni esemplari sono davvero giganteschi. Tutto intorno è un proliferare di gabbiani che si nutrono dei resti del pasto degli orsi.


The beach of the bears.


Tra noi e loro non ci sono ripari o protezioni, è questo che colpisce, che ti fa pensare “Santo cielo, sono a pochi metri da un orso selvaggio noi siamo in mezzo a loro, ne abbiamo di fronte, a destra a sinistra, alcuni spuntano dalla boscaglia alle nostre spalle, quando ci vedono rimangono un attimo interdetti, poi cambiano direzione.. Gli umani se ne stanno sull’argine rialzato, chi fa foto, chi fa video, chi semplicemente osserva questo spettacolo della natura. Siamo una decina di persone in tutto, niente bambini piccoli, bisogna stare fermi, seduti sul terreno, parlare poco e a voce bassa, non mangiare e ovviamente non fumare, non fare gesti improvvisi.


Il nostro Gruppo, tanto per rendersi conto delle distanze che ci separavano.


  Non sembrano curarsi di noi, ci guardano, ma si comportano in maniera del tutto normale dedicandosi alle loro normali attività giornaliere.




C’è chi si dedica (i più), a pescare i poveri salmoni…

  

C’è chi litiga…



 Chi porta a spasso i bimbi…



 Chi mangia…






 Chi passeggia…


Chi si gratta…



 Il momento più bello, ma anche "LA FOTO" mancata.





E’ stato il momento più emozionante (da solo vale il prezzo pagato e molto di più): questo orsetto, curioso come tutti i cuccioli, è venuto a vedere chi eravamo e cosa facevamo, e si è arrampicato sull’argine per osservarci meglio.
Mi sono letteralmente gettato a terra per evitare la persona di lato e sono riuscito a scattare solo due immagini due, una completamente sfocata e quest’altra, F100 e il 300 mm a mano libera, saranno stati 3, forse 4 metri non di più; sarebbe stata la foto del decennio ( e per me rimane una delle mie immagini più “intense”), senza quella massa scura sulla sinistra, che poi è la sagoma della persona che stava di fianco a me, ma non mi importa, importante è avere vissuto quell’attimo con grandissima emozione e intensità, e per me è cosa che non ha prezzo.
Ancora una volta la professionalità della guida, che prontamente è intervenuta battendo le mani e parlandogli con voce tranquilla, ha fatto sì che non ci fosse contatto tra noi e lui. A parte il fatto che il piccolo aveva comunque una certa stazza e delle unghie davvero spaventevoli, il pericolo maggiore poteva provenire dalla madre che lo sorvegliava e non oso immaginare cosa sarebbe potuto succedere se la genitrice avesse deciso di seguire e magari difendere il suo cucciolo!

Il sopraggiungere dell’alta marea ci costringe ad abbandonare la nostra postazione e cercarne un’altra più a monte. La guida conosce ogni sasso, ogni sentiero e ha in ogni momento il controllo della situazione, ci porta con sicurezza nel luogo migliore, stavolta è sul greto sassoso del fiumicello.








Qui qualche grizzly sbuca dai cespugli sull’altra riva, si avvicina a pochissimi metri, ma la situazione è tranquilla.







A pomeriggio inoltrato giunge il momento di tornare. Lasciamo i nostri, (ormai si possono definire così) amici orsi e torniamo al mezzo da sbarco che ci riconduce all’idrovolante.



Ormai è quasi buio.

Durante il tragitto passiamo accanto alla spiaggetta sperduta dove avevamo consumato la colazione: non si vede più, la marea l’ha completamente sommersa.

Dicono che la memoria dopo anni tende a rimescolare gli eventi vissuti, con la conseguenza che non tutto rimane perfettamente a fuoco ma dopo anni ricordo con chiarezza tutte le emozioni e dettagli minuti sono rimasti impressi. La fotografia sotto questo aspetto è stata fondamentale…insieme a una matita e a un blocchetto per appunti (gli Iphone – Ipad erano di là da venire…)
Per molti mesi ancora, tornato a casa, ho rivissuto con la mente quei momenti , con la speranza di potere un giorno ritornare “In Bear Territory”.






Ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggermi fino qui.

Bruno Mora

Nota: tutte le foto sono state fatte con Nikon F100 e FM2n, 300 AF ED 1:2,8 e 80-200 AF ED 1:2,8, su treppiedi Manfrotto 190. Per le inquadrature grandangolari sono stati impiegati il 20 mm AFD 1:2.8 e il 35-70 AFD 1:2.8
Le pellicole invertibili utilizzate sono Fuji Velvia 50 e Provia 100, le negative colore Kodak Porta 160 VC.
Diapositive e negativi scansionati con Coolscan 5000 ED.

Bibliografia: Frommer’s Alaska (2004), Wiley Publishing, Inc.




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